Hitchcock
a carte scoperte
Per
entrare in un cinema basta fare il biglietto alla cassa. Ma per entrare in un
film? Quello è appannaggio degli addetti ai lavori. Conosco però un tale che è
entrato in un film dopo più di mezzo secolo, senza l’intenzione di parteciparvi
ma con un progetto più ambizioso (o umile, a seconda dei punti di vista):
capirlo meglio, farlo proprio, possederlo. Il film è L’ombra del dubbio
di Alfred Hitchcock girato nel 1942 e apparso l’anno dopo. La persona che ha
compiuto (nel 1993) l’impresa impossibile è Mauro Marchesini, tra i più colti ed
estrosi cultori della settima arte. L’ha fatto con un libro singolare, che ho
letto e riletto più volte scoprendovi sempre nuovi indizi, proprio come accade
nei film belli in generale e in quelli di Hitchcock in particolare.
Si chiama (questo libro) La carta del cattivo e l’ha pubblicato una
piccola casa editrice di Bergamo (Lubrina) in collaborazione con Lab80 di Angelo
Signorelli. Cercatelo, trovatelo e leggetelo, magari come testo a fronte per il
film. Ne vale la pena. Non è un saggio critico o almeno non ne ha l’aria. Non è
nemmeno una ricostruzione documentata e scientifica del come e del perché.
L’ombra del dubbio è diventato il capolavoro che tutti conosciamo, il film
che Hitchcock preferiva tra i suoi. E’ invece quello di Marchesini un racconto
di fantasia che potrebbe però dirci la verità, è tutto inventato e tutto
verosimile. Fatti di pubblico dominio si intrecciano con invenzioni dichiarate,
retroscena plausibili ma bugiardi con dati inoppugnabili. Un viaggio dentro un
film che potrebbe sembrare un’indagine poliziesca se non avesse in partenza la
propria soluzione; un percorso seguito con deliberata meraviglia, fingendo ad
ogni tappa di stupirsi per qualcosa che invece si conosce a memoria, tanto la si
ama.
Territorio squisitamente hitchcockiano, quello in cui si muove Marchesini, ma
con un elemento in più che giustifica la chiave del suo libro. Questo elemento è
il film stesso, vero proprio manuale “sulle virtù della simulazione”. Perché
l’identità tra Hitchcock e il suo protagonista poggia in L’ombra del dubbio
su un caso di vero e proprio transfert, il regista non si è mai spinto tanto nel
processo di simbiosi con la follia del mondo, “non si dichiarerà più così
geneticamente bacato” (Marchesini). Ultimo mistero: quanto avrà influito la
collaborazione di Thorton Wilder alla sceneggiatura, se nei titoli Hitchcock
addirittura lo ringrazia? Cosa avranno avuto in comune lo scrittore di
Piccola città e il regista di Vertigo? Il dubbio (o un’ombra)
rimane.
Gianni Amelio,
(Regista) -
(Tratto dalla rivista Film-TV)
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